Trasformare i punti di debolezza del territorio in punti di forza

Schermata 2014-10-20 a 10.01.01Intervista a Fabio Florio – imprenditore edile

Fabio Florio ha messo in evidenza come la città di Palermo sia caratterizzata da numerose aree che costituiscono attualmente dei punti di debolezza, ma potrebbero essere trasformati in punti di forza e poli di sviluppo della città. Insieme abbiamo passato in rassegna alcuni di questi luoghi: la stazione Notarbartolo – Lolli, il complesso della Fiera, la caserma Cascino, la zona San Polo vicino i mercati generali.

Per promuovere la loro rigenerazione sarebbe sufficiente un’azione di project financing ovvero una operazione di tecnica di finanziamento a lungo termine in cui il ristoro del finanziamento stesso è garantito dai flussi di cassa previsti dalla attività di gestione dell’opera realizzata. Se venissero garantiti dei servizi minimi di assistenza da parte dell’amministrazione rispetto a queste modalità di finanziamento non sarebbe difficile trovare privati interessati ad investire.

Al momento però questo tipo di processi risulta bloccato, anche per mancanza di un impegno sufficiente da parte dell’amministrazione. In generale la possibilità di rigenerare la città risulta ostacolata dall’assenza di un chiaro progetto di sviluppo, capace di orientare interventi sia da parte del pubblico che da parte di privati.

 

La salute del suolo e del verde urbano come metro per capire la qualità di una città

Schermata 2014-10-17 a 15.36.07Intervista a Salvatore Fiore e Daniele Monti – Ordine degli Agronomi e dei Forestali

A Salvatore Fiore e Daniele Monti dell’Ordine degli Agronomi e dei Forestali abbiamo chiesto di illustrarci i temi di loro interesse rispetto al Prg di Palermo. In particolare, l’Ordine si interessa dello spazio verde urbano e del suo “stato di salute”. Nell’ambito dell’edilizia, invece si occupa della prevenzione del depauperamento del suolo, sia nel centro storico che nella periferia, in particolare nelle zone collinari a nord e a ovest della città.

Secondo gli intervistati una delle azioni da intraprendere con più urgenza è la messa a punto di un regolamento del verde pubblico. Diverse sono le aree di verde urbano che dovrebbero essere regolamentate meglio: ad esempio il Parco della Favorita. Il Parco sulla carta fa parte di una riserva che andrebbe tutelata ma non vi è nessuna evidenza di questo, dato che il Parco non è gestito come se fosse un’area sotto tutela.

In più, vi sono altre zone verdi da salvaguardare, come il Giardino Inglese, che viene gestito come area verde, ma non come parco, per cui viene fatta solo la cura delle piante, anche se questa non in modo costante ma solo quando vi è disponibilità economica.

Altro problema riguarda il lavoro di alberatura attuale e degli anni passati, vi sono alberi nel territorio cittadino che sono stati collocati senza un minimo di progettazione, sono stati posizionati in posti non idonei, senza tenere conto del rapporto tra il tipo di albero e gli spazi urbani.

Le poche zone verdi della città si spiegano anche per la disattesa di alcune leggi a favore del verde cittadino. Un esempio è la legge del ’96, la quale prevedeva che per ogni nato si sarebbe dovuto piantare un albero, ogni 21 novembre. A Palermo, come in altri comuni, questa legge non ha trovato riscontri pratici, poiché bisognerebbe anche capire dove poter piantare questi alberi.

Tematica fondamentale per l’Ordine dei forestali e degli agronomi è anche quella riguardante gli orti urbani.

Negli ultimi tempi si è parlato molto dell’approvazione di un regolamento, ma è rimasto incompiuto.

Il progetto prevedeva di regolamentare queste aree, in modo da farne un uso alternativo e realizzare attività sociali o ludico-ricreative, sia per anziani che per giovani. La realizzazione degli orti urbani, soprattutto nelle zone periferiche collinari o di montagna, sarebbe un modo, inoltre, per prevenire il depauperamento del suolo, quindi eventuali frane, slavine e alluvioni.

Palermo, il PRG e il territorio che non usiamo o usiamo male

ETM_quale prg per quale palermo

(clicca per ingrandire)

La presente tavola è stata realizzata e presentata in occasione dell’incontro “QUALE PRG PER QUALE PALERMO” organizzato dall’Istituto Gramsci Palermo, dal Forum delle Associazioni Palermo e Legambiente e tenutosi nei giorni 13 e 14 marzo 2014 presso la Sala Terrasi della Camera di Commercio di Palermo.
La tavola è stata realizzata dalla prof. arch. Rosanna Pirajno e dall’arch. Arturo Flaibani della Fondazione Salvare Palermo Onlus, e dagli architetti Toti Careca, Massimiliano Giudice e Benedetto Prestifilippo dell’Associazione URBRAIN. Per la realizzazione della tavola fondamentali sono stati i contributi esterni (PSO_Trieste, Legambiente Sicilia, Palermo Indignata, M.E. Madonia e G. Favilla, Verso la Favorità e R. Giamportone) attraverso cui, in soli quattro giorni, è stata redatta una carta della città di Palermo (CRITICAL MAPS) con la localizzazione di quasi 500 “luoghi” (per buona parte intere unità edilizie, ma anche giardini, ville etc) non utilizzati, o in generale mal usati.
L’elaborato, oltre a rappresentare una minima parte (seppur già impressionante) degli spazi e dei luoghi mal usati della città di Palermo, prova a sintetizzare il processo che l’Associazione URBRAIN (con l’approvazione ed il contributo di varie associazioni, tra le quali: AvoLab– Associazione di Economia Civile, CNA Palermo, Confesercenti Provinciale di Palermo, Federabitazioni-Confcooperative, Fondazione Salvare Palermo Onlus, Legambiente Sicilia, PUSH), attraverso la collaborazione scientifica di PSO_Trieste (Progetto Spazi Opportunità_Trieste), ha avviato ed intende sviluppare per la città di Palermo. Processo imprescindibile per qualsivoglia previsione urbanistica e nuovo Piano.
Nel testo La Macchia Urbana, che segue, è spiegata una modalità di sviluppo del predetto processo: PSO_PA (Progetto Spazi Opportunità_Palermo).

La macchia urbana
(estratto dal Progetto Spazi/Opportunità_ Palermo, promosso da URBRAIN)

Le disuguaglianze sociali sono uno dei più rilevanti aspetti della “nuova questione urbana” e (…) questa è una causa non secondaria della crisi che oggi attraversano le principali economie del pianeta (*).

E’ noto come nelle città si manifesti in modo sempre più estremo l’aumento progressivo delle disuguaglianze sociali.
Gli economisti valutano le disuguaglianze a partire dalla misura delle differenze nei redditi, per giungere a rilevare le differenze interpersonali nell’ammontare di beni/servizi privati o “di mercato” di cui una società dispone. A ciò viene sommata anche la qualità/quantità dei beni/servizi pubblici poiché, sotto una certa soglia di reddito, alcuni tipi di beni e servizi possono essere “consumati” solo se disponibili come pubblici.
Ciò che l’approccio economicista però non coglie è la reale disponibilità dei beni/servizi nello spazio di pertinenza di ogni individuo, vale a dire nello spazio che ad ognuno è accessibile di diritto e di fatto e in un intervallo di tempo ragionevole.
In altri termini, le disuguaglianze sono determinate anche dall’iniqua distribuzione interpersonale di ciò che può essere definito capitale spaziale. Tale distribuzione è una componente strutturale delle città ed ha un’importanza decisiva nel determinarne le prestazioni. Il capitale spaziale che si riduce genera città che distinguono, separano, emarginano, escludono. Città progressivamente meno porose, nelle quali le differenze di reddito tra gli individui si sommano alle differenze nel loro grado di disponibilità di capitale spaziale (e di conseguenza relazionale). Questi due livelli interagiscono e si cumulano, moltiplicando le disuguaglianze sociali. Non solo: il peggioramento delle condizioni di vita della fascia più povera (e larga) di una comunità urbana tende ad annullare ogni progetto di manutenzione del patrimonio immobiliare della città intera, facendo degenerare l’ambiente e la società urbana nel suo complesso.
La città non è un sistema dotato di infinita resilienza. Quando la base economica si frantuma (…) la città diventa inutilizzabile (…). Essa potrebbe non essere più in grado di assicurare la funzione di luogo della dialettica tra ricchi e poveri: diventa la città dei poveri e nient’altro. (*)

Proprio tale diffusione dell’abbandono urbano richiede un’innovazione rispetto ai modelli di rigenerazione incentrati sulle poche grandi occasioni della grande proprietà e grande finanza, pubblica o privata. Tuttavia, nonostante i costanti richiami della retorica politica e accademica sull’urgenza del riuso urbano e architettonico, l’Italia sconta una condizione di arretratezza soprattutto a livello normativo e nella concezione di regolamenti municipali in grado di riconoscere (prima) e valorizzare (poi) tale risorsa.
Oggi l’abbandono e il sottoutilizzo di edifici o intere aree urbane rappresenta per la collettività un costo non più sostenibile in termini ambientali, economici e sociali. Al contempo, se tale patrimonio (e la sua distribuzione nello spazio urbano) viene riconosciuto come potenziale capitale spaziale, può rappresentare un’enorme risorsa per la rigenerazione urbana, sociale, economica.
In molte città, non solo italiane, un insieme eterogeneo di cittadini attivi, professionisti, gruppi di ricerca, associazioni, start-up, collettivi indipendenti, sta lavorando da alcuni anni sull’innovazione dei processi di conoscenza e riattivazione dell’immenso patrimonio di edifici ed aree in abbandono.
La metodologia è quella della conoscenza condivisa, degli open data, del crowdsourcing.
Lo scopo è quello di sperimentare nuovi meccanismi di incontro tra la crescente domanda di spazi e servizi, da un lato, e l’offerta in termini di risorse spaziali, finanziarie e di competenze, dall’altro, in grado di innescare processi di rigenerazione urbana più complessiva e a lungo termine.
Gli strumenti comuni sono la mappatura e la catalogazione online, indispensabili per censire il più evidente come il più minuto patrimonio immobiliare, che tradizionalmente sfugge al tradizionale approccio statistico dell’urbanistica istituzionale.
Inoltre, data la generale carenza di risorse finanziarie pubbliche a livello locale, un ulteriore programma di lavoro è quello dell’ individuazione al di fuori delle casse delle amministrazioni locali le risorse finanziarie per sostenere, in particolare, la fase iniziale del riuso, ovvero, l’onerosa manutenzione straordinaria degli immobili abbandonati. I fondi strutturali europei, le fondazioni bancarie e il crowdfunding civico sono alcuni dei canali presi in considerazione ed utilizzati in diverse occasioni. I costi di gestione e manutenzione ordinaria degli spazi, invece, sono riservati alla capacità e responsabilità della cittadinanza o dell’imprenditoria (profit o no-profit), purché con il vincolo di perseguire, oltre alla sostenibilità economica delle iniziative, anche la diffusione dei benefici fra le comunità locali.

(*) La città dei ricchi e la città dei poveri – Bernardo Secchi – 2013

Il percorso di revisione del PRG di Palermo: riflessioni e proposte

Schermata 2014-10-08 a 16.09.13Incontro con i rappresentanti dell’istituto Gramsci Siciliano

Durante l’incontro con alcuni esperti e studiosi delli’Istituto Gramsci Siciliano abbiamo ripercorso alcuni dei temi già trattati dal gruppo nel corso di un convegno svoltosi il 13 e 14 marzo 2014 presso la Camera di Commercio proprio sul percorso di revisione del Piano Regolatore Generale della città di Palermo.

Ne riportiamo di seguito i principali punti emersi, ben sintetizzati dal documento finale prodotto dall’Istituto:

DOPO LE GIORNATE DI STUDIO UNA CONSULTA CITTADINA PER IL NUOVO PRG

Inoltre, nel corso del convegno sono state esposte delle tavole realizzate da alcuni degli studiosi intervenuti e in particolare su: il rischio idreogeologico, sugli spazi abbandonati, sui sulle proprietà pubbliche e sui servizi sul rischio strutturale. Per loro gentile concessione le renderemo consultabili su questo blog nei prossimi giorni.